Matera, città dal fascino unico, fonte di ispirazione per registi e fotografi per via della sua bellezza, ancora più godibile percorrendo a piedi i vicoli stretti e scoscesi della città vecchia, offre la possibilità di ammirare case scavate in tufo, chiese, cripte e tante altre ricchezze incastonate in quel tripudio di storia e bellezza che sono i Sassi, un contesto urbano segnato da secoli di vita, tradizioni e culture che ancora oggi lasciano senza parole chi, per la prima volta, approda in questa terra.
Proprio negli antichi rioni di tufo, nella parte denominata Sasso Barisano, sorge un ristorante dalle alte aspettative gastronomiche, in cui le ricercate tipicità della cucina materana trionfano in piatti gustosi, armonici e di alto design, firmate dallo chef stellato Vitantonio Lombardo, chef lucano che – dopo anni di formazione lontano dalla sua terra – decide di ritornare nella sua amata Basilicata per portare tutta la sua abilità, l’esperienza e la creatività acquisite da anni di lavoro a fianco di grandi e illustri interpreti della cucina italiana.
Siamo arrivati anche noi nel cuore dei Sassi di Matera, letteralmente, per incontrare e intervistare lo chef Vitantonio Lombardo, che proprio lì ha aperto il suo ristornate, l’unico in città a fregiarsi di una stella Michelin.
Salve Vitantonio, benvenuto su Italian Food Experience. Prima di parlare del suo ristorante, ci racconta come è nata la sua passione per la cucina?
La mia passione per la cucina nasce in primo luogo dalla voglia di mangiare (ride); poi, se ci penso, in realtà la conservo in modo inconscio sin da piccolo, perché ho sempre guardato e ammirato mia nonna e mia madre ai fornelli e, pensandoci, sono anche stato particolarmente attratto…anzi mi ha sempre affascinato il momento della convivialità a pranzo e cena, il riunirsi a tavola dopo il lavoro: per me era ed è ancor ‘oggi molto importante; e poi, scherzi a parte, nasce anche dal piacere di mangiare.
Durante la sua carriera, ha collaborato con chef illustri come Vissani, Teverini, Barbaglini: chi le ha lasciato un segno?
Sono stati tutti molto importanti per la costruzione della mia carriera. Onestamente penso che ogni esperienza, bella e non, lascia comunque un segno. Fortunatamente, per quel che mi riguarda, ho avuto tutte esperienze positive: ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa e posso dire che, oltre ad essere stati dei bravi maestri, sono dei grandi uomini.
Teverini ha rappresentato la mia prima esperienza con la stella Michelin: tra le tante cose di lui, ho apprezzato l’eleganza nell’eseguire un piatto; di Vissani ricordo la grande conoscenza della materia prima, una cosa fantastica! Mentre di Barbaglini, non posso che ricordare le diverse metodologie di cottura, molte per me sconosciute, ed è stato bello impararle; infine, di Scabin ho apprezzato la sua innata genialità e creatività. Insomma, posso dire che ognuno di loro mi ha dato un qualcosa che poi ho fatto mio e ho tirato fuori nel momento in cui ho deciso di costruire la mia cucina.
Lei è di Savoia di Lucania: perché ha scelto di aprire il ristorante a Matera?
Perché Matera è in Basilicata come Savoia di Lucania, dunque da buon lucano ho sempre desiderato tornare al sud, nella mia terra. Il mio sogno era tornare innanzitutto in Basilicata e penso che Matera è la città della nostra regione che più di tutte dà la possibilità di fare un tipo di cucina senza limitarci a nulla; ci dà anche l’occasione di interfacciarci con una clientela nazionale e internazionale e, nel momento in cui vado a mettere il mio pensiero nel piatto, lo espongo a tutti e soprattutto mi metto alla prova con tutti: è proprio questo “mettersi alla prova” che è una cosa che mi affascina molto.
Qualche anno fa ha ottenuto la stella Michelin, di cui tuttora si fregia. Cosa ha rappresentato questo riconoscimento?
In realtà, la prima volta che ho ottenuto la stella Michelin è stato nel 2011, quando aprimmo il nostro primo ristorante ai confini tra la Basilicata e la Campania; poi abbiamo riaperto lo scorso 28 maggio 2018 sempre in Basilicata, qui a Matera.
La stella innanzitutto è sempre sinonimo di grande responsabilità, perché la clientela ha delle aspettative importanti ed è dunque fondamentale non deluderle. Inoltre, ottenere per la prima volta una stella Michelin in una città storica qual è Matera, oltre anche al fatto di riportarla in Basilicata dopo tanto tempo, è qualcosa che ci riempie di tanto orgoglio.
Quali altre esperienze lavorative fuori dal confine lucano ha fatto?
Non ho mai lavorato nel sud Italia. Sin dall’inizio della mia formazione mi sono imposto di uscire fuori dalla mia regione per poi portare qualcosa di nuovo e innovativo nella mia terra, per cui le mie esperienze sono sempre state nel centro-nord Italia e poi si sono completate con viaggi e altre esperienze all’estero, in paesi quali Francia, Spagna e Stati Uniti.
Com’ è la sua cucina: innovativa o tradizionale?
Sinceramente faccio quello che mi piace. Certo è che mi piace creare una cucina innovativa e creativa senza però perdere di vista il territorio, protagonista principale del piatto.
Matera, diventata Capitale della Cultura Europea, si è aperta al mondo. Come si sposa la sua alta cucina, fatta di tecniche moderne, in una terra come questa che – sotto certi aspetti – è ancora molto legata alla tradizione?
Penso che la cosa fondamentale nella mia cucina è quella di non perdere di vista i prodotti locali, per il semplice fatto che abbiamo la fortuna di ritrovarci in un territorio dove abbiamo un paniere veramente eccezionale: troviamo di tutto, dalla carne al formaggio e, a pochi chilometri, anche dell’ottimo pesce; poi, per il cliente che viene da fuori, fargli trovare i prodotti del territorio già significa accontentarlo. Molti dei nostri piatti non sono di cucina tipica rivisitata perché è un concetto che onestamente non sposiamo poiché pensiamo che un piatto debba rimanere tale però, dall’altra parte, molte ricette tipiche diventano per noi lo spunto per una nuova ricetta che poi magari è la base di un nostro nuovo piatto. Ciò fa sì che il cliente parta dall’assaporare ciò che è la storia di questo luogo attraverso i prodotti tipici del posto, per poi provare la nostra cucina. Oggi possiamo dire di avere esperienze positive riguardo alle nostre creazioni.
Leggendo la vostra carta menù, abbiamo notato l’utilizzo di prodotti fuori dal comune, come ad esempio la polvere di liquirizia: che riscontro ha questo tipo di proposta?
Si, insieme ai miei ragazzi ci piace creare dei piatti che innanzitutto ci fanno star bene, poi è bello realizzare un piatto che, fin quando non lo mangi, non sai cosa ti aspetta: ciò incuriosisce il palato del cliente ad assaggiare e anche se il riscontro magari all’inizio può spiazzare, alla fine tutti restano piacevolmente sorpresi poiché si raggiunge un equilibrio di sapori piacevoli. Possiamo dire che è un tipo di cucina un po’ più rischiosa del solito ma è proprio quel tipo di rischio che a noi piace!
Quali sono i suoi progetti futuri?
Sicuramente ottenere la seconda stella Michelin: più che un progetto è un sogno, però dico sempre dobbiamo prendere la seconda per mantenere bene la prima; mantenere bene questo ristorante, che è quello che più vogliamo fare e contribuire a scrivere un pezzo di storia per la nostra regione che, secondo me, la merita e non può essere seconda a nessuna.