Matera, la famosa città dei Sassi, è il luogo che ospita la nostra redazione. Qui, a pochi chilometri dalla Puglia e nel cuore di quel favoloso altopiano carsico che è la Murgia, da secoli terra di confine e agricoltura, le realtà che operano nel settore food sono tante.
Per questa nuova intervista, abbiamo scelto un progetto emergente, che proprio dalla città dei Sassi è partito per conquistare anche i mercati esteri: stiamo parlando di Kapunto, ristorante e pastificio dove la pasta fresca fatta in casa incontra il gusto della tradizione locale.

Indice nascondi

Ad accoglierci è il titolare, Tommaso Perrucci, un possente cuoco originario della vicina Altamura che ha scelto Matera per avviare il suo progetto. La sua stazza potrebbe impressionare, ma Tommaso ci lascia scoprire un animo gentile e intriso di emozionanti ricordi legati alla terra, alla famiglia e alla pasta fatta in casa.

Tommaso Perrucci, titolare del negozio Kapunto.

Tommaso Perrucci, titolare del negozio Kapunto.

Dopo oltre vent’anni da giramondo come cuoco in yacht privati, a un certo punto Tommaso ha sentito il bisogno di fermarsi e tornare alle origini. Ispirato sin da piccolo da una famiglia che ama la cucina e le pietanze fatte in casa, manifesta sin da subito la sua passione per i fornelli. Il suo futuro in cucina, comunque, non è stato così scontato come potrebbe sembrare e si è delineato una volta ottenuto il diploma da ragioniere programmatore: subito dopo la maturità, infatti, Tommaso decide di trasferirsi a Roma, dove lavora per 5 anni al Rome Cavalieri Hilton. In tale periodo, inoltre, frequenta vari corsi di formazione nel settore food.

Conosciamo meglio Tommaso Perrucci, le sue idee riguardo a tradizione culinaria e mercato della pasta attraverso il brand Kapunto.

Ciao Tommaso, parlaci un po’ di te e di Kapunto: come nasce questo progetto e perché?

Faccio il cuoco da 22 anni e, dopo una lunga esperienza all’estero, sono tornato nella mia terra per avviare una mia attività. Ho aperto Kapunto nel 2016: è un negozio di pasta fresca con cucina dove chi viene può scegliere il tipo di pasta da gustare (tutta pasta fresca legata alla tradizione culinaria pugliese e lucana, e non solo) e il condimento preferito; fatto ciò, noi cuciniamo la pasta e la serviamo. Questa è l’idea principale del locale. Siamo focalizzati e concentrati sul proporre quello che è uno dei prodotti più apprezzati del nostro territorio, la pasta, in particolare quella fresca, fatta al momento. Ho deciso di dedicarmi a questo tipo di ristorazione perché la pasta mi ricorda l’infanzia e la mia passione per la cucina è anche legata al ricordo di mia madre e mia nonna che, preparavano la pasta fatta in casa per tutta la famiglia.
È per tali motivi che l’atmosfera, da Kapunto, è molto cordiale: cerchiamo in tutti i modi di mettere a proprio agio ogni nostro ospite.

Interno del negozio Kapunto a Matera

Da dove nasce il nome “Kapunto”?

Abbiamo lavorato per creare un brand riconoscibile e spendibile sul mercato. Il nome deriva dai capunti, un formato di pasta tradizionale di Altamura, quindi pugliese. L’utilizzo della K risponde all’esigenza di dare al brand una veste internazionale.
È una scelta di marketing fatta per unire tradizione e innovazione.

Sappiamo bene che proporre la pasta al mercato italiano è sempre molto difficile, considerato quanto sia esigente la clientela.

Vero! Quando ho deciso di creare Kapunto, mi sono detto che se fossi riuscito a far apprezzare il mio prodotto in Italia, sarebbe stato più facile proporre la mia pasta all’estero: la clientela italiana è molto più avvezza alla pasta di qualità e, per far sì che un prodotto del genere venga davvero apprezzato (vista anche la concorrenza agguerrita), è necessario proporre un prodotto eccezionale.

Il percorso che mi ha portato alla produzione di pasta fresca è stato abbastanza naturale: nel settore della ristorazione, infatti, ho svolto tutte le principali “partite” (termine tecnico che indica i vari settori della ristorazione, in particolar modo in una brigata di cucina), tra le quali quella della produzione di pasta fresca, che mi ha regalato le maggiori soddisfazioni. Per tale motivo, ho deciso di approfondire meglio l’argomento tramite corsi sulla produzione della pasta e successivamente – prima di partire con Kapunto – ho seguito un corso sull’utilizzo dei macchinari e degli utensili più appropriati per la produzione della pasta fresca: quest’ultimo corso, in particolare, si è rivelato davvero utile nella pianificazione e nella strategia di Kapunto.
Pasta fresca ripiena prodotta a Kapunto

La passione per la pasta, quindi, è un qualcosa legata alle tradizione del territorio in cui vivi?

Certo! Come ho detto in precedenza, le mie origini hanno influito molto sulle mie decisioni: a casa dei miei genitori, tuttora si mangia pasta fresca 3-4 volte a settimana, amorevolmente preparata da mia madre, che ha 75 anni. Tutto ciò, per me, rappresenta la normalità ma per la maggior parte delle persone è qualcosa di straordinario.
Quando ero bambino, i “capunti” erano sempre presenti sulla nostra tavola. Nella mia esperienza di cuoco privato sulle barche, quando proponevo la pasta fresca era sempre festa per i commensali, mentre per i miei genitori ciò ha sempre rappresentato la normalità. Insomma, che la pasta fresca abbia un grande appeal, soprattutto verso il consumatore straniero, è evidente.



Quali saranno gli sviluppi successivi di Kapunto?

Kapunto è un progetto che, a 2 anni dalla sua nascita, è ancora in fase embrionale poiché non ha ancora raggiunto tutti gli obiettivi prefissati al momento della sua nascita.
Il progetto iniziale è sempre stato quello di creare delle factory, ossia dei centri di produzione ai quali collegare dei pasta corner in un raggio di 50 km; i pasta corner rappresenterebbero i negozi finali di vendita, riforniti ovviamente dalla factory più vicina. Stiamo cercando di proporre un modello replicabile ovunque, proprio per creare un franchise di successo. Queste sono le nostre aspirazioni maggiori e sviluppare la nostra idea in Italia ci permette di capire se il modello possa avere un buon appeal anche all’estero.
Tommaso Perrucci in cucina

Alla luce della tua esperienza in campo imprenditoriale, quali sono i suggerimenti che vorresti dare ai giovani che hanno le tue stesse aspirazioni?

Il mio consiglio è quello di cercare di non adattarsi a un mercato già esistente, ma crearne uno nuovo. Quello che un imprenditore dovrebbe fare è prevedere determinate situazioni e avvicinarsi il più possibile a esse. Insomma, si tratta di avere una visione e cercare di anticiparla. Per questo motivo, ad esempio, ho realizzato il mio laboratorio prevedendo uno sviluppo futuro: ho acquistato macchine che mi permettono di avere una produzione/ora elevata, che al momento sono però superflue, e questo l’ho fatto credendo e anticipando la mia visione. Questa, per me, è la vera essenza dell’imprenditorialità: una visione ben chiara dell’obiettivo da raggiungere.

Per avviare la tua startup hai scelto una città come Matera che, come sappiamo, fra pochi mesi vivrà il suo anno da Capitale Europea della Cultura. È un caso che tu abbia scelto la città dei Sassi o si tratta di una delle tue strategie imprenditoriali?

Matera oggi rappresenta un buon laboratorio per poter testare una start-up incentrata sul food, vista la popolarità raggiunta in questi ultimi anni dalla città, che è davvero diventata un crocevia di persone a cui proporre il nostro modo di fare ristorazione easy e informale. Inoltre, noi forniamo il nostro prodotto anche ad altri ristoratori. Il ragionamento è sempre lo stesso: se posso realizzarlo qui, posso farlo ovunque. Quando siamo partiti, ciò a cui puntavamo era avere un riscontro immediato e quindi aprire a Matera ci è sembrata – e si è rivelata – la scelta giusta, anche perché, sempre nella filosofia del testare un’idea, qui a Matera non ci conosceva nessuno, per cui tutte le strategie di marketing, di arredo dei locali e di comunicazione in generale sono state testate in un luogo in cui partivamo davvero da 0. Lo stesso scenario, insomma, che ci si presenterà in qualsiasi altra parte del mondo.

Fase di essiccazione della pasta

La fase dell’essiccazione.

 

Come trattate le materie prime per soddisfare il ciclo produttivo di Kapunto e come avviene la ricerca delle stesse?

Questa è l’attività che prende la maggior parte del tempo all’interno di Kapunto. Devo dire che all’inizio abbiamo puntato molto sui prodotti del nostro territorio, interpellando molini della nostra zona. Ma ben presto, per la tipologia dei macchinari che abbiamo, ci siamo resi conto che i nostri grani – che hanno un basso contenuto di glutine, caratteristica che gli conferisce capacità elastica e alta digeribilità – non andavano bene poiché l’impasto, soggetto a estrusione e laminazione, non reggeva; avevamo bisogno di prodotti che avessero una maggiore elasticità e, inizialmente, ci siamo rivolti al Molino Careccia di Stigliano, un mulino piccolissimo che lavora solo grani di quella zona della Basilicata. Successivamente, abbiamo provato un prodotto fatto da mix di diversi grani italiani e canadesi e, anche se questi funzionavano, ci siamo resi conto che utilizzare una materia prima con determinate caratteristiche andava contro quella che è la filosofia del progetto Kapunto, ossia proporre un prodotto che fosse al 100% made in Italy. L’italianità è forse l’aspetto più importante, nel nostro prodotto. Alla fine abbiamo trovato un altro molino che ci fornisce una materia prima realizzata con un mix di soli grani italiani, quindi non solo locali. Per quanto riguarda le paste speciali, noi utilizziamo anche farine derivate da grano Senatore Cappelli, con farine integrali e kamuth. Insomma, da parte nostra c’è una ricerca costante sulle materie prime del territorio, ma contestualmente cerchiamo di trovare una strada che agevoli la produzione.

Qual è il target principale di kapunto?

Qui al sud, il target principale è rappresentato ovviamente da adulti dai 45-50 anni in su, per un motivo fondamentale: nella loro infanzia, le mamme preparavano la pasta fresca la domenica e nei giorni di festa. Queste persone, quindi, non solo danno un valore di eccezionalità al prodotto ma anche affettivo.

Alla luce di quanto detto finora, un ipotetico consumatore straniero come si comporterebbe di fronte a un prodotto come la pasta fresca di Kapunto?

Penso che sarebbe soprattutto il made in Italy a spingere il prodotto, ma è evidente che anche la qualità avrebbe il suo merito. Vi confesso che ho una lista di città straniere suggerite da persone che vengono a mangiare da Kapunto in cui mi chiedono di aprire un punto vendita.

Secondo te, la pasta fresca può essere consumata anche come street food oppure va consumata solo a tavola?

La creazione di “pasta street food” è uno degli sviluppi naturali di Kapunto: un prodotto come la pasta, infatti, si adatterebbe benissimo in un contesto street. Specialmente la pasta ripiena, come i ravioli. L’idea potrebbe essere quella di utilizzare un van dove esporre i vari tipi di pasta realizzati da Kapunto, dove il cliente occasionale viene, sceglie il formato, lo abbina al sugo preferito e noi gliela cuciniamo al momento. Insomma, lo stesso tipo di consumazione che un “pasta corner” Kapunto già offre, solo in un contesto più urbano e veloce.
Vari tipi di pasta prodotti da Kapunto

Quali sono secondo te, le qualità che bisogna avere per portare avanti un progetto come questo?

Be’, penso che per tutte le idee imprenditoriali, soprattutto nella ristorazione, ciò che occorre assolutamente mettere in conto, se si vuole realizzare il proprio sogno imprenditoriale, è una mole di lavoro non indifferente: tante ore lavorative giornaliere, i fine settimana mancati e la rinuncia ai giorni festivi.

Abbiamo detto che, oltre a fare la pasta, hai anche la passione per la terra e l’agricoltura, attività che ti aiuta ad avere molti dei prodotti che poi utilizzi nei tuoi piatti: da dove nasce questa passione?

La mia è una famiglia di agricoltori da tante generazioni. Mio padre è agricoltore e mio nonno prima di lui. Ogni tanto, quando sono un po’ libero, cerco di dare una mano proprio a mio padre nei campi, un’attività che per me rappresenta una valvola di sfogo e una via di fuga dalla routine. Infatti, la mia famiglia possiede due aziende agricole in provincia di Matera, una nell’agro di Irsina e una a Ferrandina, dove la maggior parte della produzione è cerealicola ma ci dedichiamo anche alla coltivazione di ulivi e, di conseguenza, alla produzione dell’olio; inoltre, abbiamo anche una piccola produzione orticola.
Lo stesso Kapunto è figlio di questo passato e presente nel settore agricolo, poiché la semplice produzione della materia prima iniziava a starmi stretta, anche per via dei costi altissimi e dell’insostenibilità della produzione: l’idea iniziale da cui, poi, è nato Kapunto, era quella di trasformare il grano in semola e, da essa, produrre dell’ottima pasta.

Qual è la tua idea di cucina? Cosa ti piace cucinare e soprattutto mangiare?

La mia cucina è legata anche alla tradizione: deve essere più semplice possibile e prevedere l’utilizzo di prodotti freschi, soprattutto di stagione e possibilmente del mio orto. Se un buon piatto ha basi solide e viene preparato con gli ingredienti giusti, in linea di massima è sempre un buon piatto. La nostra cucina deve affidarsi totalmente alla bontà della materia prima, unica in tutto il mondo, e utilizzare davvero poche sofisticazioni.