
La fragola lucana, la regina delle primizie della bella stagione
Secondo il portale Agronotizie, l’Italia è uno dei principali produttori di fragola in Europa. La produzione si concentra maggiormente nella piana di Metaponto, in Basilicata. Questo territorio, lambito dalle acque del Mar Ionio, è conosciuto come la “California del Sud Italia” ed è noto soprattutto per la produzione ortofrutticola, in particolare della fragola: la Basilicata, infatti, è una delle regioni italiane con la maggior concentrazione di ettari volti alla produzione della fragola, di gran lunga superiore a regioni come, ad esempio, la Campania.

Piana del Metapontino, la “California del Sud Italia”
La fragola lucana si distingue per proprietà organolettiche e peculiarità di produzione: sostenibile, rispettosa dell’ambiente e del territorio, la sua coltivazione prevede l’utilizzo di insetti predatori per la difesa dai parassiti e cicli più “naturali” di produzione.
Per saperne di più e conoscere a fondo la fragola, una delle eccellenze “Made in Italy”, abbiamo visitato lo stabilimento e i terreni dell’azienda Nicofruit, società che fa parte dell’organizzazione di produttori Assofruit Italia, che raggruppa oltre 300 aziende agricole e produttori. Qui, abbiamo scoperto un tipo di fragola che si coltiva solo in queste zone del Metapontino: la Sabrosa.
Scopriamo la fragola lucana attraverso le parole di Alessandro Tristano, Direttore Amministrativo di Nicofruit e di Demetrio Nicodemo Production Manager:
Ciao Alessandro. Perché la fragola di Basilicata è così speciale? E perché prende il nome di Candonga?
Candonga è la denominazione commerciale della fragola varietà Sabrosa.
È anche un Club al quale tutti i produttori – tra cui anche la nostra azienda – si associano per beneficiare del brand Candonga TopQuality: si tratta di un club che promuove questa varietà di fragola. Ovviamente, il Metapontino non è solo Candonga ma, in generale, rappresenta un territorio in cui si produce una fragola di buona qualità.
Quali sono i fattori che legano questa zona dell’Italia meridionale alla fragola piuttosto che a un altro prodotto?
Ciò è dovuto ovviamente alla morfologia di quest’area, in particolare della Basilicata, ma principalmente al microclima che la caratterizza: a nord abbiamo le montagne che fanno da riparo e, subito a ridosso, abbiamo il Mar Ionio. Sono le condizioni ideali per la produzione della fragola. Tant’è che oggi la produzione delle fragole riguarda poche zone italiane: un po’ in Sicilia, un po’ in Calabria e il resto in Basilicata. Vi sono produttori anche in Campania, nel Battipagliese, e poi nelle zone di Cesena e Verona, con tipologie di produzione diverse.
C’è da dire che, rispetto al panorama internazionale, la produzione lucana è abbastanza contenuta rispetto ad altre zone: parliamo di circa 850 ettari in Basilicata contro i circa 6.000 ettari in Spagna. A livello di numeri di produzione siamo un po’ penalizzati… Per fortuna, però, la fragola della Basilicata – quindi quella del Metapontino – ottiene risultati commerciali decisamente migliori, grazie anche al Club Candonga, che si occupa della promozione del prodotto facendo tante attività di marketing.
Le persone, quindi, preferiscono il brand Candonga anche perché l’hanno visto, ne hanno letto e parlato tra loro.

Alessandro Tristano, Direttore Amministrativo di Nicofruit
Come viene percepita all’estero la produzione italiana e sopratutto la fragola di Basilicata?
Ci confrontiamo sempre con realtà molto più grandi e più organizzate di noi. Attualmente, la Spagna rappresenta il maggiore produttore di fragole: pensate che il produttore spagnolo più piccolo possiede fino a 80 ettari, una cooperativa fino a 1000 ettari. Per fare un esempio reale, ApoFruit – la cooperativa più importante d’Italia – qui in Basilicata ha circa 120 ettari. È indiscutibile, quindi, il rapporto di forza fra la produzione spagnola e quella italiana.
La nostra fragola se la gioca sulla qualità, però.
Certo! C’è da dire che le caratteristichedelle nostre fragole,in particolar modo nel Metapontino,sono di una qualità nettamente superiore a quelle prodotte in paesi come la Spagna, la Tunisia, il Marocco o comunque in tutte le nazioni del nord Africa.
Siamo nel periodo massimo, quasi conclusivo della fragola, quale altro frutto è da calendario?
Prossimamente cominceremo la raccolta delle albicocche, un’altra delle nostre produzioni. Come per la fragola ci occupiamo della raccolta, confezionamento e distribuzione nei vari mercati.
Producete anche confetture?
No, ci occupiamo esclusivamente della raccolta e del confezionamento del prodotto. Ovviamente, una parte dei nostri prodotti è destinato all’industria confetturiera: si tratta di un prodotto ovviamente più povero, che viene trattato, lavoratoe utilizzato per yogurt e succhi di frutta o per tutto ciò che il mercato alimentare propone.
Cos’altro producete?
Oltre alle albicocche e alle fragole, ci occupiamo anche della produzione di lamponi e di uve da tavola, delle quali, vista la richiesta, stiamo spingendo sulla tipologia senza semi. Il nuovo trend del consumo della frutta vede più un consumo di tipo immediato come lo snack. Un prodotto da consumare in qualsiasi situazione di mobilità (sul treno,in bus,in metro…) oppure durante la pausa pranzo a lavoro. Insomma, avere un frutto senza semi semplifica di molto il suo consumo, ma anche rispecchia le esigenze della domanda di mercato.

Una fase del confezionamento della fragola lucana
Anche la fragola si presta bene a questa tipologia di consumo.
Sì, anche perché la fragola è un prodotto molto dissetante: è composto quasi completamente da acqua e contiene, in proporzione, più vitamina C delle arance. Le abitudini di consumo stanno nettamente cambiando quindi, la nostra attenzione al prodotto senza semi è in crescita.
Cosa ci dici del lampone? Sembra un prodotto più adatto alla montagna che a un territorio come il Metapontino, lambito dal mare.
Sempre per via del microclima favorevole del Metapontino ed essendo una pianta selvatica, il lampone ha trovato un buon ambiente in cui crescere, così come la fragola. Accanto al Club Candonga® infatti, vi è il marchio HappyBerry® deputato alla commercializzazione del lampone di varietà Adelita®.
Visitando i campi in cui avviene la vostra produzione, abbiamo notato che a raccogliere le fragole sono solo le donne: ci puoi spiegare il perché?
Il motivo è semplice: un uomo non riesce a stare piegato per tanto tempo, mentre le donne hanno una struttura del bacino che si presta bene a un tipo di azione come la raccolta delle fragole. Nel nostro caso, infatti, parte della raccolta delle fragole è affidata alle donne, sia per una questione di conformazione fisica sia per la reperibilità di manodopera. La nostra fase di raccolta necessita di un numero di lavoratori che supera le 300 unità ed è difficile trovare un numero così elevato di uomini.
Avete un turnover continuo?
La maggior parte della manodopera proviene dalla Puglia, in particolare dalle zone di Francavilla Fontana, Ceglie Messapica, Oria, San Michele. Quella zona della provincia di Brindisi, infatti, è un prezioso bacino di manodopera. Noi provvediamo al trasporto dei nostri collaboratori: abbiamo dei pullman che quotidianamente trasportano queste persone dalle zone di origine al Metapontino, esclusivamente per raccogliere le fragole.

Un momento della raccolta.
In che periodo dell’anno inizia la raccolta?
La raccolta inizia normalmente nella seconda metà di febbraio o agli inizi di marzo e viene effettuata fino a giugno, condizioni climatiche permettendo.
Qual è il processo dietro la produzione delle fragole?
La fragola è una coltura che impegna tutto l’anno: si inizia ad agosto con la preparazione di terreni e delle serre, che dura fino a ottobre o novembre, mesi in cui si comincia la piantumazione, ossia il trapianto delle fragole. Ovviamente, quando la pianta viene trapiantata nel terreno è molto piccola e deve comunque ambientarsi, radicandosi e fiorendo: ciò comporta qualche mese di attesa, per arrivare a fine febbraio/inizio marzo, quando appunto parte la raccolta delle fragole. La produzione prosegue fino a maggio-giugno, poi la pianta viene estirpata, il terreno viene fresato e preparato per essere riportato allo stato naturale per ripetere tutto il processo da zero.
Quante piantine vengono piantumate ogni anno?
Attualmente piantiamo oltre 2 milioni di piante in 50 ettari di terreno.
Ci sono prodotti che si legano al territorio: l’economia, gli stili di vita e tutto ciò che ha a che fare con il prodotto finiscono per identificarlo. Ci sembra che la stessa cosa avvenga per il Metapontino con la produzione di fragole. Cosa ne pensi?
La fragola è di sicuro la produzione più importante del Metapontino, ma non è l’unica. Dal nostro punto di vista, il territorio è variegato e ospita tantissime colture, molte delle quali arboree come le albicocche, le pesche, le nettarine, gli agrumi come arance, clementine e limoni. È indubbio che la fragola rappresenti il Metapontino in Italia e all’estero, ma non è il solo prodotto a dare lustro al nostro territorio. Inoltre, alla sua coltivazione sono dedicati circa 850 ettari, quindi una piccola parte rispetto alla totalità del territorio.
Si è creato un indotto intorno alla produzione della fragola?
L’indotto maggiore è quello rappresentato dalla manodopera, in quanto la fragola è un prodotto che necessita di tanto lavoro, sia per la preparazione dei terreni che per la piantagione e il trapianto ma soprattutto per la raccolta. Solo per dare un’idea di ciò che questo significa, basta pensare che una signora addetta alla raccolta delle fragole riesce a raccogliere – nelle 6,40 ore consentite dalla legge per lavorare nei campi – una quantità di fragole che va dagli 80 ai 120 kg.
Si tratta di cifre variabili in virtù del del tipo di confezione e della quantità di fragole presenti nel terreno: all’inizio della raccolta il numero di fragole non è elevato, per cui una signora deve coprire 10 metri quadrati per fare una cassettina di fragole e perdere quindi più tempo. Ad aprile, invece, la stessa cassettina si riempie coprendo un solo metro quadrato. Insomma, l’incidenza del costo della manodopera è importante, a differenza delle pesche, tanto per fare un esempio: la raccolta di queste ultime, infatti, avviene a grandi volumi e vengono messe in cassoni, riempiti da uomini perché non c’è bisogno di piegarsi, e viene fatta una calibratura con delle macchine, che si occupano di separare per peso e dimensione le pesche. L’incidenza della manodopera per la raccolta della pesca è pertanto, molto più bassa: parliamo di un costo di circa € 0,15 al chilo. Per la stessa quantità di fragole, invece, il costo della manodopera si aggira fra i 50 e i 70 centesimi. Non va dimenticato, inoltre, che noi provvediamo al trasporto dei nostri collaboratori in pullman e ciò comporta anche le spese inerenti all’autista e al carburante. Quando non abbiamo a disposizione i nostri pullman, dobbiamo appoggiarci a società esterne che provvedono al trasporto delle persone che lavorano per noi e sono dei costi aggiuntivi.
Avete mai utilizzato finanziamenti europei per la vostra attività?
Alcune delle strutture che utilizziamo sono finanziate dall’Unione Europea. Altri investimenti li facciamo con fondi nostri, almeno per quello che riguarda l’attrezzatura per la lavorazione del prodotto. Per investimenti più importanti utilizziamo altri canali, ad esempio le organizzazioni di produttori: la nostra cooperativa è associata ad AssoFruit Italia, una delle più importanti OP lucane. Cerchiamo di utilizzare al massimo le opportunità di finanziamento esterne e siamo riusciti a crescere anche grazie ad investimenti mirati in attrezzature e azioni specifiche.

Le serre di Nicofruit.
Parlando delle soluzioni digitali per la gestione e la promozione della vostra attività, come vi state muovendo?
Abbiamo sviluppato un sistema informatico di gestione e promozione della nostra azienda. Abbiamo un sito web che aggiorniamo saltuariamente. Riguardo alla comunicazione sul web, nello specifico, c’è da dire che il settore ortofrutticolo non funziona come tanti altri e, pur cercando un produttore di fragole su internet, occorre incontrarlo e visitare la sua azienda, anche per vedere da vicino il suo prodotto. Occorre stabilire una relazione personale che, a nostro parere, con il web a poco a che fare. D’altronde, i nostri sono prodotti molto particolari e il processo di vendita non si avvale delle tecnologie del web.
Cosa puoi dirci riguardo all’esportazione della fragola fuori dall’Europa?
La fragola ha un ciclo di vita molto breve e il nostro obiettivo è quello di utilizzare delle confezioni in grado di aumentarne la durata, senza modificarne la struttura con l’utilizzo di conservanti. Tali confezioni riducono la quantità di ossigeno, aumentando l’anidride carbonica con dei film particolari e allungando la durata del prodotto. Tutto questo, però, non funziona quando si tratta di esportare il prodotto in paesi extraeuropei, tant’è che la maggior parte di esso viene consumato in Italia o comunque in paesi vicini come Germania o Austria. A volte effettuiamo delle spedizioni extraeuropee, ma il prezzo lievita a causa dell’altissima incidenza del trasporto aereo: si tratta, pertanto, di casi limitati.
A quali fiere ed eventi di settore partecipate?
La nostra organizzazione di produttori, Asso Fruit Italia, partecipa a tutte le fiere di settore di nostro interesse, in particolare Fruit Logistica di Berlino, una fiera alla quale partecipiamo da oltre vent’anni. All’inizio ci andavamo come visitatori; solo successivamente siamo diventati espositori, grazie anche alla Regione Basilicata, che mette a disposizione uno stand per le organizzazioni interessate. Fruit Logistica rappresenta un evento molto importante poiché ci dà la possibilità di incontrare i maggiori player del settore a livello mondiale.
Dopo aver visitato l’impianto di imballaggio della Nicofruit, abbiamo lasciato Alessandro Tristano e ci siamo recati presso le serre, il cuore della produzione delle fragole, accompagnati da Demetrio Nicodemo, Production Manager della Nicofruit, a cui ovviamente abbiamo rivolto alcune domande.

Demetrio Nicodemo – Production Manager
Demetrio, qual è il modo migliore di consumare la vostra fragola?
Facciamo una breve ma importante premessa: tuteliamo in modo naturale la nostra fragola attraverso l’utilizzo di insetti predatori che ci aiutano a eliminare altri insetti dannosi per le nostre fragole e ci consentono di ridurre sensibilmente l’utilizzo di antiparassitari, dannosi per l’ambiente e per l’uomo. Detto ciò, consigliamo di sciacquare per qualche secondo la nostra fragola solo con acqua, prima di mangiarla.
Il nostro è un prodotto con residui ampiamente al di sotto dei limiti consentiti dalla legge e non c’è bisogno di utilizzare altri elementi per pulirlo. Pensate che stiamo vendendo le nostre fragole ai supermercati, che fanno comunque analisi e controlli approfonditi per verificare che esse abbiano le caratteristiche di salubrità richieste. Riguardo a questo aspetto, proprio alcuni giorni fa sono state effettuate ulteriori analisi sui nostri prodotti e risulta che, per la pulizia e la qualità che presentano le fragole, potrebbero quasi essere paragonate a un prodotto biologico.
Cosa ne pensi del marchio BIO?
Il marchio BIO è una buona opportunità commerciale, dato che è un canale produttivo che risente meno delle difficoltà che negli ultimi anni interessano il settore ortofrutticolo. Sicuramente, però, richiede un approccio di sistema molto più complesso rispetto al tipo di produzione integrata che applichiamo nella nostra azienda. Ciò non toglie che negli anni futuri potremmo avvicinarci a questo sistema e abbracciare la visione biologica.
Quanto la tecnologia viene utilizzata nei processi produttivi?
Utilizziamo un impianto di irrigazione computerizzato per sfruttare al meglio l’irrigazione ed evitare la dispersione di acqua. Ciò significa che teniamo in grande considerazione anche il consumo d’acqua, un bene prezioso che comincia a scarseggiare. Il nostro impianto computerizzato gestisce anche il fabbisogno “nutrizionale” del terreno, in quanto la pianta potrebbe assorbire azoto, fosforo, potassio, ferro e magnesio in eccesso. Diamo alla pianta solo ciò di cui ha bisogno e teniamo sotto controllo la situazione grazie anche ad analisi continue. Il rischio più grande per la coltivazione di fragole, comunque, resta il freddo (invernale), che può causare delle perdite di fiori con un alto di aborto altissimo.